La lippa, il gioco di strada più amato
Il nostro viaggio nel mondo affascinante dei giochi di strada del passato prosegue con il racconto di Raffaele de Seneen del gioco popolare più diffuso nel nostro Paese e forse al mondo. In italiano si chiama Lippa, in dialetto foggiano Mäzze e bustiche, oppure A mazz e mazzell o ancora Mazz’è e ppandille.
La corrispondente voce su wikipedia elenca un centinaio di voci in dialetto che declinano le diverse versioni locali del gioco. Per quanto riguarda la Puglia le varianti sono:a Bari a pestìcchie, a Bisceglie a mazzarèid, a Gioia del Colle pizzecal, ad Ascoli Satriano mazz’e mašchit, a Manfredonia pundelìcchje, a San Severo mazz’e pìzze, a Taranto màzz’e spəzzìddə, in alcune località del Salento mazza e pizzarieddhu, A zzeppuri a Mesagne (Brindisi), a Deliceto Mazz e Tritl.
Una variante del gioco che si pratica a Mede, detta Fiò d’la Lippa, è stata riconosciuta dall’Unesco patrimonio dell’umanità. La popolarità della lippa è internazionale: l’immagine che illustra il post è tratta da un francobollo stampato a Macao, regione amministrativa speciale del territorio cinese, una volta colonia portoghese. Ma veniamo al racconto di Raffaele de Seneen.
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Probabilmente questo è il gioco da sempre più popolare: a Foggia, in provincia, ma anche nel resto della Puglia e in tutto lo stivale. Lo hanno praticato diverse generazioni, fin tanto che gli spazi aperti lo hanno consentito. Ci si affrontava l’uno contro l’altro o una squadra di due o tre persone contro un’altra.
Per giocare ci voleva una mazza (ottima la mazza della scopa che la mamma o la nonna scartava per sostituirla con una nuova, ne bastavano 40-45 centimetri) e “u bustike” o “mazzell” o “ppundille” (ricavato sempre dall’asta della scopa). Era un pezzo di legno, di 10-12 centimetri, con le estremità affusolate.
Per giocare, bisognava far saltare ad una certa altezza ‘u bustike colpendolo su una delle punte con la mazza. Ma prima andava individuato e definito un posto fisso, circoscritto (u catarröne) o la tana se si vuole, che poteva essere un grosso sasso, la base di un albero, spesso un tombino della fognatura, da cui partire e poi fare riferimento.
Posizionato iI “bustico” nei pressi del “catarrone”, con la mazza, si dava un colpo secco sull’estremità più libera dello stesso in maniera da farlo alzare, e successivamente, prima che ritoccasse terra, lo si colpiva nuovamente, preferibilmente al centro, per imprimergli velocità e direzione, così da farlo allontanare il più possibile dal punto di partenza.
Dopo il tiro del primo giocatore, ma anche 2-3 tiri secondo quanto convenuto, in caso di gioco a squadre, dopo che tutti i componenti di una avevano effettuato il loro tiro, l’avversario doveva lanciare il “bustico” verso il “catarrone”, e se il “bustico” si fermava su questo, o al massimo alla distanza di una “mazza” da questo, il lanciatore del “bustico”, o squadra, conquistava «mazza».
Alcune varianti, il “catarrone” poteva essere lasciato libero, non protetto, durante il lancio del “bustico”, o si poteva convenire che fosse protetto da una specie di “portiere”, che con la mazza poteva intercettare il “bustico” in arrivo, e colpirlo per allontanarlo.
Si poteva stabilire un punteggio da raggiungere, per esempio 200, 300 o 500, corrispondenti alla distanza, in termini di numero di “mazze”, fra il “catarrone” ed il “bustico”, dopo ogni serie di lanci. Ma anche sulla distanza dichiarata prima della misurazione bisognava essere precisi. La distanza la dichiarava chi era in possesso della mazza per accreditarsi punti, ma se superava anche di una sola mazza quella preventivata e dichiarata passava la mano nel gioco.
Fonte: I giochi di strada di una volta, a cura di Raffaele de Seneen, Auser Volontariato Foggia